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Regina della Famiglia

Storia delle apparizioni a Ghiaie sessant'anni dopo

 




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LA VEGGENTE OGGI


Testimonianze


Lettera di Adelaide Roncalli

a Papa Giovanni XXIII

 

Adelaide Roncalli, il 13 maggio 1960, da Milano, a Giovanni XXIII così scrisse:

"Beatissimo Padre, chi osa mandare questa lettera è l'ultima delle vostre figlie, che oramai non ha, come ultimo scampo, che il vostro immenso cuore di padre.

Sono Adelaide Roncalli del Torchio di Ghiaie di Bonate, quella figliola che, bambina di sette anni, nel maggio 1944 vide tredici volte la Madonna, più volte però con S. Giuseppe e Gesù Bambino e da cui sentii quelle cose che scrissi e che ho ancora vive nel cuore.

Dico che ho visto perché io in coscienza sento proprio così e darei la mia vita per confermare questa mia convinzione.

Anche in quell'anno 1944 io ero certa di aver visto la Madonna, ma dopo, quando mi interrogarono i sacerdoti incaricati dal vescovo e mi fecero giurare, prima dissi di sì e poi di no, perché avevo paura di fare un grosso peccato mortale affermando di aver visto la Madonna.

Durante i giorni dell'apparizione mi portarono via dalla mia casa e dai miei genitori, dalle suore Orsoline in via Masone. Là veniva solo don Cortesi e mi seguiva sempre una suora da lui scelta a vigilarmi.

Un po' alla volta egli mi andava persuadendo che io avevo visto colla fantasia appena l'apparizione, mentre in realtà fuori dai miei occhi non c'era stato niente.

Anche don Cortesi diceva allora che aveva visto anche lui di queste visioni della Santa Famiglia, ma non si era mai sognato di dire di aver avuto delle apparizioni. Anche tanti altri — continuava a dirmi — hanno gli stessi fenomeni di fantasia, ma se ne guardano bene di dire di aver avuto delle apparizioni.

Ero dalle suore Orsoline in via Masone, don Cortesi un po' alla volta mi persuase che io facevo un grosso peccato mortale a dire di aver visto la Madonna perché era stata tutta una mia fantasia.

Facevo fatica ad ammettere questo, ma mi faceva tanta paura di andare all'inferno che scrissi un biglietto come voleva don Cortesi per dire che io avevo fatto una bugia a dire che avevo visto la Madonna.

Dentro nel mio cuore però io sentivo che l'avevo proprio vista e lo dicevo ancora, ma poi avevo paura di aver fatto peccato e andavo a confessarmi.

Anche quando andai in collegio dalle suore francesi in Città Alta io ero sempre in questo stato d'animo e lì, quando i sacerdoti incaricati dal vescovo mi fecero giurare per domandarmi se avevo visto la Madonna, prima dissi di sì e narrai come l'avevo vista, ma poi per paura di aver fatto peccato dissi che non l'avevo vista.

Dopo andai un po' a casa, ma poi mi portò via una signorina di Milano, per un po' di anni, ma ho sofferto tanto allora.

Poi entrai dalle Sacramentine di Bergamo e io ero tutta contenta perché mi facevo suora come aveva detto la Madonna, ma facevo solo la postulante, perché monsignor Bernareggi non voleva che diventassi suora.

Quando egli morì io ero a Lavagna nella diocesi di Lodi. Monsignor Benedetti allora permise che facessi la vestizione, ma poi venne là monsignor Merati che, a nome della Santa Sede — diceva — mi fece svestire e ordinò di uscire dal convento. Io non so poi il motivo perché fecero questo. Tornai nel mondo e andai a lavorare un po' da una parte e un po' dall'altra per vivere e aiutare i miei che dal tempo delle apparizioni vedevo solo ogni tanto. Quanto mi costò stare lontano da loro, dalla mia casa, dal mio paese, sin da piccolina un po' in mano di tutti! A contar tutto sarebbe troppo lunga.

Anche spiritualmente non avevo mai trovato un direttore spirituale, perché poi avevo sempre paura, dopo quello che mi era capitato. Solo un po' tardi ebbi la fortuna di confidarmi con un buon Padre e potei ritrovare la pace perduta.

Il passato con tante alternative di sì e di no, di verità e di peccato era cessato. Solo mi rimase l'amaro rimorso di aver negato la Madonna e di aver così impedito il riconoscimento della sua apparizione.

Se in quegli anni però io non avessi avuto paura di fare peccato a dire che l'avevo vista non l'avrei certo negata a costo di qualunque sacrificio.

Ora, Beatissimo Padre, mi sento più sollevata per aver versato nel vostro animo un po' della mia storia che poteva essere tutta bella ma che invece io feci brutta e che mi fece soffrire tanto in tutti i modi. Perdonatemi, Padre Santo, per quello che ho fatto negando la Madonna. Non l'ho proprio fatto apposta, chiedo il vostro perdono, come non mi stanco di chiederlo a Gesù e a Maria.

Voi che potete tutto, fate rivedere la storia delle apparizioni di Ghiaie di Bonate, ve lo chiedo per la Madonna.

Io lo so ci farò una brutta figura; non importa. Basta che trionfi la Madonna.

Voi solo potete fare questo. Forse è stata la Madonna a volervi Papa perché della terra di Bergamo, possiate rivendicare la sua apparizione nella Bergamasca.

E ancora una supplica: lasciate che quanti amano e continuano a credere alla Madonna possano andare liberamente sul luogo delle apparizioni. Sono quindici anni che la gente ci va, ma c'è anche la proibizione.

E per me Santo Padre non ci sarà un segno di misericordia e di perdono?

Sballottata dalla mia infanzia ad ora, un po' da ogni parte, mi sono portata nel cuore, sotto nome diverso da quello del mio battesimo, il ricordo vivo dell'apparizione, il rimorso di averla negata e il desiderio di tornare ad essere Sacramentina. Ma non me lo hanno più permesso. Da anni sono qui infermiera al Policlinico di Milano e aspetto ancora, aspetto sempre che si compia il desiderio della Madonna su me. O sarà un'attesa vana?

Dite una parola, Beatissimo Padre, e tutto andrà a posto.

Ed ora mi prostro a baciarvi non uno ma i due Santi Piedi, che hanno camminato portati da un grande amore per la Madonna e chiedo per me, per la mia famiglia che ha sofferto umiliazioni e calunnie per la Madonna, per quanti mi hanno voluto e mi vogliono bene unico conforto della mia vita, tanto provata, ma che sono stati travolti nella mia causa e nel mio dolore, per la nostra terra di Bergamo e per il mio paesino così prediletti dalla Madonna, la vostra grande Paterna Benedizione Apostolica".

Monsignor Loris Capovilla, interrogato sull'autenticità della lettera, ha confermato che Adelaide ha scritto al Papa Giovanni XXIII e che il contenuto della bozza manoscritta, pubblicato su Bergamo Sette, il 7 giugno 2002, corrisponde all'originale che porta la data del 13 maggio 1960.

La lettera è stata consegnata a mano al cardinale Gustavo Testa perché la portasse in Vaticano. Mons. Capovilla ricevette la lettera dal cardinale Testa il 27 maggio 1960 e la consegnò al Papa.

Mons. Capovilla ha anche aggiunto che il Papa Giovanni XXIII non sapeva che Adelaide era stata ricevuta in udienza da Pio XII e che, se lo avesse saputo in tempo, avrebbe certamente ricevuto anche lui in udienza la veggente (v. Senapa, agosto 2002, pp. 17-18).