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Regina della Famiglia

Storia delle apparizioni a Ghiaie sessant'anni dopo

 




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PROBLEMI E DIFFICOLTA'


L'origine delle apparizioni

secondo don Luigi Locatelli

 

Alcuni parroci e sacerdoti, vicini alla parrocchia di Ghiaie, si mostrarono fin dall'inizio contrari alle apparizioni.

Don Luigi Locatelli, parroco di Presezzo (Bergamo), accusò don Cesare Vitali, parroco di Ghiaie, di essere il principale regista della farsa di Ghiaie, il manipolatore della bambina Adelaide Roncalli.

La causa dell'ostilità, penso si possa trovare anche nella storia della costituzione della parrocchia di Ghiaie.

Il paese è tuttora una frazione del comune di Bonate Sopra e, in parte, di Presezzo. Anche per la giurisdizione religiosa, Ghiaie dipendette dalle parrocchie di Bonate Sopra e di Presezzo fino a che, nel settembre 1921, fu costituito in parrocchia autonoma, riconosciuta agli effetti civili, dopo molte contestazioni, soltanto col decreto del 29 marzo 1944, registrato alla Corte dei Conti il 20 maggio 1944.

Nella difficile situazione che si trascinava dal 1921 e si concluse il 20 maggio 1944, si inserirono le apparizioni, puro fatto spirituale, che fu visto come un tentativo maldestro del parroco don Cesare Vitali per dare vita e prestigio alla nuova parrocchia. Inoltre, egli insinuò che il secondo ciclo delle apparizioni potesse essere tutta una macchinazione dei repubblichini. A tal proposito, don Felice Murachelli scrive: "Un suo nemico acerrimo fu don Luigi Locatelli — parroco di Presezzo — che tra le altre cose che sostiene nel suo dossier contro Ghiaie v 'è anche l'affermazione che il secondo ciclo di apparizioni è stato voluto, anzi indetto, dai fascisti repubblichini. Tutti sanno, invece, che la radio e la stampa della Repubblica di Salò attaccarono in modo violentissimo le apparizioni di Ghiaie; anzi, le autorità politiche della Repubblica premevano sul vescovo di Bergamo perché ponesse fine (!) alle apparizioni, nell'intento di evitare (così dicevano) che gli angloamericani colpissero, bombardando, quell'enorme folla di fedeli (v. Felix, L'epilogo di Fatima, Edizioni Toroselle, Esine (Brescia) 1990, p. 22).

Tutte queste accuse e insinuazioni il parroco di Presezzo le mise in seguito per iscritto, su richiesta di don Luigi Cortesi.

Vediamo che cosa scrive il professore di filosofia del seminario di Bergamo:

"In provincia, l'opposizione più intransigente e serrata ebbe il suo epicentro nei circoli ecclesiastici di Bonate Sopra e di Presezzo, paesi confinanti con Ghiaie... Perciò, animato di puro amore di verità... vivamente li sollecitai di contribuire alla soluzione del problema, redigendo in uno scritto riservato alla Curia Vescovile quelle istanze negative che non si peritavano di diffondere oralmente. L'amico Don Eugenio Mapelli, coadiutore a Bonate Sopra, pur non avendo mai partecipato alle visioni, possedeva ampie esperienze dirette dei fatti e della bambina, e già più volte aveva manifestato anche troppo chiaramente il suo giudizio. Fu il primo che invitai a stendere con tutta onestà e libertà scientifica un resoconto delle sue osservazioni. Finalmente, dopo un mese e mezzo di mie insistenze, accondiscese, inviandomi il 29 agosto un denso memoriale di 24 punti: esponeva obiezioni tratte dalla storia esterna dei fatti, dal comportamento di Adelaide e da considerazioni teologiche, ma si asteneva dal pronunciarsi, poiché terminava: "Ti ho esposto quanto di importante mi sembrava ti potesse interessare. A te giudicare".

Nel frattempo rivolgevo lo stesso invito a Don Giovanni Paleni, parroco di Bonate Sopra, il quale gentilmente ma recisamente scansò il fastidioso compito, e a Don Luigi Locatelli, parroco di Presezzo, il quale rifiutò, poi, assediato da continue richieste, tergiversò, e alla fine promise di accontentarmi. Ma in seguito, avuto sentore del memoriale di Don Mapelli, si ritenne disimpegnato e mi scrisse così: "Dopo la relazione di Don Mapelli mi sembra inutile ogni altro scritto in merito alla faccenda delle Ghiaie: e per ciò mi dispenso dall'interloquire..." (Presezzo, 7 settembre 1944).

Non gli tenni per buona la ragione addotta, e insistetti. Il buon parroco alla fine cedette e, il 29 settembre 1944, mi inviava un'amplissima relazione bipartita, in cui, sviluppando e sistemando gli appunti di Don Mapelli, intese provare che: "I fatti di Ghiaie hanno origine dall'ambiente; essi sono privi di ogni nota di soprannaturalità".

A prescindere dai particolari, si può dire che la prima parte e la tesi di una suggestione ambientale, incosciente e frodolenta è fragile, fondata su lacunosa e inesatta informazione storica di seconda mano, troppo spesso birichina, mordace e ingiusta, del resto, completamente sfasata e fuori pista. Più centrate e resistenti sono le osservazioni storico-teologiche della seconda parte: le incertezze e le contraddizioni di Adelaide, le predizioni fallite, l'immutata spiritualità della bimba, l'assenza di fenomeni straordinari prima, durante e dopo la visione, la mancanza di un messaggio, di un segreto, di un miracolo, la mancanza di opposizioni... Non so - un modo come un altro per dire che lo so bene - in qual modo la relazione si diffuse. Doveva essere riservata agli esaminatori vescovili; invece, rimaneggiata a più riprese, per indiscrezione di alcuno, fu tirata in numero vertiginoso di copie dattiloscritte, che si divulgarono in provincia e fuori provincia (giunsero anche al Cardinale di Milano)... Si comprende come essa doveva accelerare il raggelamento degli entusiasmi in quei molti che ne accolsero i risultati senza saperne criticare i motivi.

Si voleva dire, dunque, che con queste riserve, l'adesione delle folle alle apparizioni del Torchio si riduce nei limiti di un fenomeno puramente umano, spiegabile mediante le ordinarie categorie psicologiche, e non impone di postulare la verità delle apparizioni stesse" (v. Luigi Cortesi, Il problema delle apparizioni di Ghiaie, S.E.S.A., Bergamo 1945, pp. 185-187).

Il Cortesi ci dà in anticipo in sintesi la relazione del Locatelli, che io riporto in parte. La relazione è formata da 17 fogli dattiloscritti ed è divisa in due parti.

1. Egli scrive:

"I fatti delle Ghiaie hanno origine dall'ambiente.

Durante i mesi di gennaio e febbraio 1944, è stato rappresentato nel teatrino dell'oratorio femminile delle Ghiaie il dramma: La Madonna di Fatima.

La rappresentazione ripetuta parecchie volte, sia per il soggetto che per la messinscena, la musica, ecc., ha colpito fortemente il pubblico formato di giovani ragazze; tennero dietro letture, conferenze e prediche sino al mese di maggio ed è naturale che tutto questo abbia finito per mettere in agitazione le fantasie...

Tutto questo è falso, come vedremo in seguito.

Egli aggiunge:

"Nello stesso torno di tempo, una curiosità singolare avrebbe colpito chiunque fosse entrato nella casa del Signor Roncalli Enrico, padre dell'Adelaide: le pareti delle stanze da letto delle sue figliole erano decorate con immagini sacre rappresentanti tutte lo stesso soggetto sacro: la apparizione della Madonna sia a Lourdes, a Fatima, a Caravaggio, a Desenzano, ecc...

Tutto questo apparato scenico religioso non poteva aver altro scopo e risultato di quello di imprimere nella fantasia e nel pensiero delle ragazze, dopo quanto avevano visto all'oratorio, il fantasma dell'apparizione... di fatti le fantasie si riscaldarono e a tempo opportuno partorirono apparizioni e visioni".

Non è vero che il dramma di Fatima sia stato rappresentato nel gennaio 1944 e la recita sia stata ripetuta molte volte e le persone presenti siano state fortemente influenzate da una semplice rappresentazione di un soggetto religioso che non aveva nulla di sconvolgente, e con mezzi molto artigianali, a cominciare dagli attori e attrici, che non erano certo maestri di arte teatrale. Questo sì è un parto della fantasia del Locatelli.

Inoltre, a Ghiaie non vi furono letture, conferenze, prediche sulle apparizioni di Fatima, ma un breve discorso tenuto durante le funzioni del mese di maggio 1943, al quale Adelaide non partecipò.

Candido Maffeis disse: "A quei tempi io stavo sempre in mezzo ai ragazzi. Di Fatima non si parlava. Neppure le donne più praticanti la chiesa sapevano nulla, chissà una povera bambina. Ricordo che il mese di maggio 1943, il parroco lo trascorse, almeno la maggior parte, spiegando le apparizioni di Fatima. Io ci capii poco. Se Adelaide fosse venuta in chiesa, credo avrebbe capito quanto me e forse meno.

Poi la lettura e la spiegazione del libro era nuova, perché mai nel paese si era sentito parlare di Fatima" (v. Achille Ballini, Una fosca congiura contro la storia, Editrice Ars Graphica, Roma 1954, p. 96).

Padre Gemelli nella sua relazione scrive:

"Viene ricordato che la bambina ha assistito ad una rappresentazione scenica delle apparizioni della Madonna di Fatima, però la rappresentazione scenica non ha esercitato sull' animo della bambina alcun effetto di carattere suggestivo, tanto che essa criticamente e liberamente giudica le persone che parteciparono a tale rappresentazione, rilevando incongruenze ed insufficienze specialmente in confronto con le visioni che essa afferma di aver avuto".

La maestra Ermenegilda Poli, di Cene (Bergamo) conoscitrice degli usi e costumi e soprattutto dell'ambiente della diocesi di Bergamo di sessant'anni fa, quando non era ancora secolarizzata com'è oggi, così scrive:

"Il plico scritto dal parroco di Presezzo don Luigi Locatelli a quel tempo, contestato da padre Arsuffi, l'ho letto anch'io, nel 1985. (nello stesso anno lo diede anche a me, dicendo: voglio che lei lo confuti parola per parola).

Già nella prima pagina trovo un'accusa: "Le suore del locale Asilo sono state le animatrici di tutta la faccenda".

Poverine, nel teatrino avevano rappresentato la storia di Fatima per far divertire le ragazze!

La seconda accusa è contro la famiglia di Enrico Roncalli, sempre in prima pagina".

La maestra si riferisce alle immagini sacre che erano appese alle pareti delle stanze della casa di Adelaide e che, secondo il Locatelli, facevano parte del piano per suscitare nelle figlie di Enrico Roncalli il fantasma dell'apparizione.

Ermenegilda Poli continua:

"Confesso che , appena letto questo brano, esclamai: "Anche in casa mia le pareti erano ornate di immagini sacre, ma non mi sono mai sognata, né io, né le mie sorelle, né mio fratello diventato poi sacerdote, di vedere la Madonna!". (v. La fede della gente a Bonate, Artigrafica Stella, Vertova (BG) 1994, pp. 219-220).

Il Locatelli continua:

"La prima che si presenta alla ribalta è la figlia maggiore Caterina, una ragazzona di 16 anni, la quale allo stabilimento parla per ben due volte di apparizioni della Madonna, prima alla Carlinga, poi tra Curno e altro paese. Ma troppo inesperta non regge al compito e la cosa cade nel ridicolo. Pochi giorni dopo è la volta di Adelaide. La stessa età, sette anni, l'età dell'innocenza rendeva la cosa più credibile e ne venne quanto ognuno sa".

Il Locatelli dove ha appreso la notizia che Caterina, sorella di Adelaide, ha tentato di fare la parte della veggente? Proprio lei, che fin dal secondo giorno, si è scagliata contro Adelaide chiamandola impostora e dicendo che con le sue bugie disonorava la famiglia. Ho conosciuto la Caterina, non nel 1944, ma molti anni dopo, quando era Superiora generale delle Suore Concezioniste e posso assicurare il lettore che non aveva la stoffa della santona, della bigotta, e tanto meno della bugiarda. Era una suora di grande fede e di un equilibrio straordinario. Chi a 16 anni fa questo non ha certo la voglia di entrare nel convento dopo le apparizioni e partire come missionaria per l'Argentina.

Il Locatelli prosegue nella sua fantasiosa descrizione:

"La stessa imbastitura esterna dei fatti delle Ghiaie dimostra una assoluta dipendenza da Fatima; non vi è un elemento nuovo e caratteristico che li differenzi. Sul principio si incomincia con un gruppetto di bambine ed un ragazzetto: Adelaide, Severa, Bettina e Candido, rispondenti a Lucia, Giacinta e Francesco. Anche qui apparizioni, visioni, un messaggio, segreti, miracoli, segni nel sole. In seguito si avverte la difficoltà di far marciare all'unisono i veggenti e dopo aver fatto loro dei regali per la loro prestazione di comparse prima e di testimoni dopo, si procede colla sola Adelaide, che rappresenterà le parti di Lucia, il personaggio più importante di tutta la storia di Fatima.

E tanto vero che la conoscenza del fatto della rappresentazione può mettere sulla strada per scoprire le origini e la natura dei fatti delle Ghiaie che si è cercato ogni modo per tenerlo nascosto e lo si è impudentemente negato".

I fatti si svolsero nella più pura linearità e rettitudine. Don Luigi Cortesi, del parroco di Ghiaie, così scrive: "Fino a domenica 21 maggio era neutrale, attendeva e, in mancanza di prove decisive, saggiamente presumeva la spiega zione naturale del fenomeno. A Presezzo, i confratelli gli chie devano notizie. Don Cesare, colla sua bonaria vena canzonatoria, non nascose il suo scetticismo, che in quel giorno (18 maggio n.d.r.), oltreché una precauzione, era anche una convinzione. Lo manifestò anche troppo, esagerando alcuni aspetti negativi" (v. Storia dei fatti di Ghiaie, o.c. p. 61).

È una totale smentita dell'accusa mossa dal Locatelli, e cioè che Don Vitali fosse il regista della farsa di Ghiaie. È ridicolo parlare di un gruppetto di veggenti, formato da Adelaide, Severa, Bettina e Candido. Mai questi hanno detto di avere visto la Madonna. La prima sera nel gruppetto non vi è Candido e lo troviamo nel secondo giorno, ma non in qualità di veggente, ma di semplice spettatore, nella seconda visione quando chiede ad Adelaide di tornare sul luogo dell'apparizione per chiedere alla Madonna se lui diventerà sacerdote, tutto qui. Quindi Candido non fu mai né veggente, né comparsa, fu soltanto un testimone non pagato, ma autentico, e la sua testimonianza autentica è stata dimostrata tale dal corso che ha avuto la sua vita.

Quanto alle altre bambine, si sa che non erano andate in cerca di apparizioni, ma di fiori da portare davanti ad una immagine della Madonna di Lourdes, non di Fatima.

Il Locatelli aggiunge che sono stati pagati e tacitati per la loro prestazione di comparse e di falsi testimoni. È un' altra delle sue tante calunnie che ha detto contro persone innocenti.

La sua tesi della dipendenza delle apparizioni di Ghiaie da Fatima è una ossessione che mostra che non conosceva Fatima e nemmeno Ghiaie.

Ghiaie ha la sua caratteristica, il suo messaggio che la rendono unica, anche se ha qualcosa comune con Fatima e con altre apparizioni. Perciò ritengo perdita di tempo attardarmi nel rilevare le differenze tra le due realtà soprannaturali e quindi veniamo alla storia vera.

Il parroco di Ghiaie, preoccupato per lo svolgersi inaspettato degli avvenimenti, il 18 maggio 1944, va a Bergamo e non trovando il vescovo, parla col vicario generale mons. Carrara il quale lo consiglia di sorvegliare senza troppo esporsi e di attendere liberamente alla crescente cura pastorale.

Il 20 maggio presenta Adelaide al vescovo. La bambina impacciata tiene la testa bassa; sollecitata dalla cugina Maria, finalmente riesce a baciare l'anello del vescovo, il quale le regalò una piccola corona ed alcune immagini e mentre gli altri parlavano, andò a sedersi in terra, in mezzo allo studio, ove mise la corona allargandola ed al centro disponeva le immagini.

Il vescovo la guardava e ai presenti disse: "Quanto è semplice e spontanea nelle sue cose. Come si fa a non crederle?".

Adelaide parlò col vescovo, gli disse il segreto che la Madonna le aveva rivelato per il vescovo stesso. Poi monsignor Bernareggi disse a don Vitali: "Lasci andare le cose per conto proprio; lei stia appartato". Il 19 maggio, il parroco, eseguendo un ordine del vescovo, convocò i signori Gerosa, Verri, Invernizzi di Ghiaie e il cav. Milesi e creò verbalmente una commissione di laici che aveva lo scopo di controllare i pellegrini, aiutarli nelle loro necessità, raccogliere le elemosine e provvedere per assicurare l'incolumità di Adelaide e dei malati.