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Regina della Famiglia

Storia delle apparizioni a Ghiaie sessant'anni dopo

 




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PROBLEMI E DIFFICOLTA'


Il ruolo del Cortesi

 

Riporto una parte della lettera che il noto padre gesuita Giuseppe Petazzi, inviò a don Cesare Vitali, il 9 novembre 1945.

Egli così scrive:

"Rev. e carissimo sig. parroco, la ringrazio vivamente del libro che ella ha avuto la bontà di farmi avere (parla del terzo libro del Cortesi: Il problema delle apparizioni di Ghiaie)... Egli afferma di non volere in nessun modo anticipare la decisione della commissione teologica, mentre presenta conclusioni che vorrebbero essere definitive... Si adopera in tutti i modi per demolire il valore della relazione di padre Gemelli, il quale afferma e dichiara che Adelaide è soggetto normale, ed esclude così la suggestionabilità come l'isterismo o la falsità della bambina; a forza di sofismi sul valore della sincerità della bambina, arriva a conclusioni apertamente opposte a quelle di padre Gemelli e di altri medici e specialisti. Ogni fede si deve prestare solo alle affermazioni dell'autore che non è né medico né psichiatra, ma solo un dilettante di psicologia che usa termini scientifici per darsi aria di dotto.

Vuol affermare ad ogni costo la dipendenza delle apparizioni di Ghiaie dalla rappresentazione dei fatti di Fatima, mentre la rappresentazione scenica non ha esercitato sull'animo della bambina alcun effetto di carattere suggestivo (padre Gemelli)...

Tenta di spiegare l'estasi di Adelaide e la sua insensibilità, attribuendole un potere volitivo che ripugna ad una bambina: per negare il miracolo è costretto ad ammetterne uno maggiore e scientificamente assurdo.

Insiste nel negare ogni miglioramento spirituale della bambina dopo le apparizioni; ora per ciò che riguarda le prime condizioni della bambina dopo le apparizioni, si deve dire che esse sono una riprova che è impossibile ammettere falsità nella medesima, perché in tal caso essa avrebbe cercato di atteggiarsi 172 a bontà e devozione per dar credito alle sue visioni, tanto più se, come vorrebbe l'autore, essa è dotata di furbizia straordinaria...

Per spiegare l'immenso movimento della folla, non pensa che è necessario ammettere che molti prodigi siano avvenuti, quantunque non siano forse dimostrabili scientificamente: cosa che del resto è comune a quasi tutte le apparizioni... (io non so dimostrare con analisi chimica che il mio vino è sincero e genuino, ma pure ne posso avere assoluta certezza)...

Quanto ai miracoli morali, per lui non hanno nessuna forza probativa, quantunque secondo la sana teologia e lo stesso buon senso, essi hanno un peso gravissimo...

Il punto culminante e decisivo per l'autore è quello ch'egli intitola "melanconico epilogo", cioè la ritrattazione ch'egli sarebbe riuscito ad ottenere della bambina. Al qual proposito possiamo fare le seguenti osservazioni:

1. Tutto si basa sulla sincerità dell'autore, sincerità di cui possiamo legittimamente e seriamente dubitare.

2. Un coscienzioso esaminatore avrebbe dovuto innanzitutto istruire la bambina sul grande male della bugia e di una bugia sacrilega che si risolverebbe in un gravissimo affronto alla Madonna; egli invece si è perduto in un mare di sciocchezze cercando abilmente di suggestionarla fino a condurla a quella dichiarazione che egli voleva ad ogni costo.

3. I modi tenuti nel trattare con la bambina sono assolutamente biasimevoli... Egli confessa di aver usato delle finzioni per strappare ad Adelaide la confessione della verità; e non pensa che forse furono appunto queste finzioni che deformarono miseramente la coscienza della bambina fino a farle fare una ritrattazione...

4. Il fatto che pochi giorni dopo, la bambina ritrattò la sua ritrattazione parlando alla mamma, e disse di averla fatta per imposizione di don Cortesi, molto di più insinua il dubbio che non si tratti che di una miserabile mistificazione...". Padre Petazzi così conclude: "Lo studio dell'autore non da 173 nessuna seria garanzia per uomini coscienziosi e dimostra la necessità che l'inchiesta sia assolutamente sottratta a lui che ha infelicemente esaurita la missione che arbitrariamente si è assunto...".

Il giudizio di monsignor Vittorio Masoni, stimato canonico della cattedrale di Bergamo, non si discosta da quello di padre Petazzi. Monsignor Masoni afferma che l'indagine del Cortesi è superficiale, lacunosa, ed in essa non sono messi nella giusta luce fatti fondamentali per accertare la verità delle apparizioni come le guarigioni, i fenomeni solari e i frutti spirituali.

Inoltre egli si domanda perché don Luigi Cortesi si è presa la libertà di parlare e di scrivere contro le apparizioni, mentre era già costituita la commissione teologica che doveva indagare su quei fatti.

Egli auspica un processo regolare in conformità alle leggi canoniche, per l'esame dei fatti di Ghiaie. Un auspicio, il suo, non ancora realizzato dopo 60 anni da quei fatti.

Padre Agostino Gemelli, a tutti noto per la sua statura di francescano e di scienziato, il 22 novembre 1945, diede il suo autorevole giudizio, sul libro di cui ci stiamo occupando, in questa lettera che riporto integralmente:

"Rev.do Don Cortesi,

Ho ricevuto il volume che Ella ha avuto la bontà di mandarmi sulle affermate apparizioni delle Ghiaie. Mi congratulo con Lei per lo zelo con il quale ha raccolto i fatti descritti e per il lavoro che ha compiuto per ricercare una "spiegazione".

Debbo però fare alcuni rilievi che, per la parte che ha compiuto, la signorina Dott. Sidlaskaitè sottoscrive come risulta dalla lettera aggiunta alla presente.

Noi, nell'esaminare l'Adelaide ci siamo limitati, perché tale era il nostro compito, a riscontrare se nel soggetto si rilevavano sintomi o manifestazioni di carattere abnorme.

Confermiamo che dal nostro esame risulta dimostrato in modo sicuro che l'Adelaide Roncalli, dal punto di vista dello sviluppo psichico, rientra largamente nella normalità di un soggetto della sua età. Lo dimostra in modo sintetico il profilo annesso alla nostra dichiarazione. Il relativo minore sviluppo di alcune funzioni è di così lieve grado che esse rientrano, anche senza forzare la mano ai fatti, nella normalità; né alcuna funzione presenta arresti o deviazioni tali da poter porre giudizio diagnostico di anomalia.

La Signorina Sidlauskaitè ha avuto occasione di esaminare il soggetto dopo molti mesi e ha potuto controllare il giudizio di normalità.

Nel suo volume Ella si chiede che cosa è "normale". Se non si vuole giocare con le parole per fini di non buona dialettica, diciamo che un fanciullo è normale quando non presenta una deviazione di sviluppo, né un arresto, né alcuna anomalia nelle singole funzioni o nel loro giuoco complesso tali che si debba porre diagnosi di una fra le molti sindromi psicopatologiche che si incontrano nel periodo infanto-puberale. Naturalmente nei limiti dell'età del soggetto. Anzi, poiché taluno parla, in alcuni casi, di subnormalità (espressione per noi erronea), escludiamo che nel nostro caso si possa parlare di subnormalità. Siamo sempre disposti a riesaminare la bambina insieme con altri, o psicologi o psichiatri, che conoscano però la tecnica moderna degli esami dei soggetti nell'età evolutiva, per determinare se noi siamo incorsi in errore e quale.

Dico che siamo disposti a fare questo esame con chi conosca la tecnica. Il che, permetta, non ci sembra il caso suo.

1) Ella cita una serie di reattivi e non si capisce bene se Ella li abbia usati. Ora, come già Le ho scritto in risposta ad una Sua lettera, Ella fa a questo proposito delle affermazioni che lasciano noi dubbiosi. Lo Zimmermann, che Ella cita, è un fabbricante di Lipsia che ha messo in commercio i reattivi di Binet e Simon modificati da Bobertag. Ebbinghaus e Ranschburg non hanno mai ideato reattivi mentali. Dubitando di me, ho scritto al mio buon amico Ranschburg se ne aveva ideato che io non conoscessi; mi ha risposto (poco prima di entrare nel campo di concentramento, perché ebreo) che non ne ha mai ideati. David è un nome ignoto agli psicologi. E via dicendo.

2) Ella attribuisce notevole attività psicosensoriale alla Adelaide Roncalli; la espressione si presta ad equivoci. Sarebbe bene Ella spiegasse che cosa vuol dire. Comunque se Ella intendeva riferirsi alla attività rappresentativa, si deve dire che è piuttosto scarsa; molte bambine, anche normali, la presentano molto più vivace; se Ella intendeva dire capacità di concentrare i poteri attentivi, si deve dire altrettanto; ed altrettanto si deve dire per l'attività dei singoli recettori sensoriali. È da escludersi uno sviluppo superiore alla norma della attività fantastica. La espressione "pseudologia" che Ella usa fa ritenere che Ella pensi ad una forma isterica; la pseudologia è infatti un sintomo dell'isterismo. Siffatta forma è da escludersi.

3) Ella dimostra di non avere conoscenza nel suo scritto delle caratteristiche della fanciullezza, tanto è vero che le sembra anormale o elevato ciò che è proprio dell'età dei 7 anni. Ciò non stupisce: l'esaminare fanciulli non è stato, che io sappia, il suo campo di studio.

Passando ad altro punto della sua memoria osservo che Ella ci accusa di non aver esaminato la Adelaide Roncalli in rapporto alle sue "visioni". Ma se noi lo avessimo fatto avremmo commesso un grossolano errore metodologico. Io anzi ho raccomandato caldamente alla Signorina Sidlauskaitè di non porre mai domande alla Adelaide Roncalli aventi riferimento a "visioni" o a fatti simili. Noi abbiamo voluto, e dovuto dare un puro giudizio tecnico, oggettivo sulla vita psichica della Adelaide Roncalli nel momento in cui fu sottoposta al nostro esame.

È necessario poi che io Le ricordi un complesso di fatti che meritano di essere presi in considerazione e che debbono essere tenuti presenti. La bambina nel periodo delle "visioni" è stata certamente sottoposta ad uno shock psichico, o almeno fu collocata in situazioni che certamente hanno avuto influenza sulla sua vita. Tanto che io raccomandai a Lei, e ritengo che Ella lo ricordi, che la bambina venisse collocata in ambiente sano, che non le si parlasse più delle "visioni" e si facesse in modo che essa le dimenticasse o non desse loro importanza. Avvenne invece il contrario. La bambina fu insistentemente interrogata: fu trattata da adulti come fosse una adulta; fu vezzeggiata all'inverosimile. Quando non vi fosse altra testimonianza, vale quello che ho visto io stesso con i miei occhi; ossia il modo nel quale Ella la trattava, la prendeva in braccio, la coccolava, le parlava ecc. Anche gli interrogatori, dei quali Ella riferisce nel Suo volume, sono fatti in modo da provocare la ben nota reazione di difesa. Io non so se l'Adelaide Roncalli ha imparato o no a mentire: data l'età lo escludo: ammetto invece che un ambiente artificiale (il comportamento degli uomini) può dare ragione delle manifestazioni e delle risposte dell'Adelaide Roncalli. Dico cioè che il trattamento, fatto per troppo lungo tempo alla bambina, da parte di chi era entusiasta, di chi nutriva speranze, di chi era diffidente, ecc., fu il peggiore che si poteva fare: quindi si è avuta certamente una deformazione o una deviazione del carattere, ovvero, forse, una esagerazione di ciò che già esisteva; quindi è facile capire come la bambina si sia difesa con risposte oggettivamente bugiarde.

Ella conoscerà certamente la letteratura moderna sulla bugia dei bambini e dei fanciulli; ne ho dato conto nel volume che ho pubblicato ora con la Sidlauskaitè sulla psicologia dell'età evolutiva.

Io sono tra quelli che dubitano che fino ai 7, 8 anni si possa parlare di bugia. Il bambino ed il fanciullo rispondono seguendo la via della più ovvia difesa, che dall'adulto viene giudicata bugia, perché valuta la risposta con criteri propri dell'adulto.

Comunque, nel caso dell'Adelaide Roncalli non mi pronuncio; mi rimetto a quello che ha costatato la Sidlauskaitè, la quale afferma che l'Adelaide Roncalli messa in ambiente sano (psichicamente) terminerà, se non l'ha già fatto, di ricorrere inconsciamente alla reazione di difesa.

Quanto al sonno ed ai sogni dell'Adelaide Roncalli la Signorina Sidlauskaitè l'ha osservata per otto giorni durante il sonno e lo ha fatto con occhi da buona psicologa e non può confermare il di Lei giudizio. Essa afferma che si debbono interpretare come l'effetto dello shok psichico esercitato sull'Adelaide Roncalli.

Conclusione: Ella, io ritengo, si è avventurato in un campo non suo, e vi si è avventurato con insufficiente preparazione, e con una sicurezza ed un entusiasmo comprensibili, giustificabili, ma che noi, consumati nella tecnica, non abbiamo. Quindi non reca meraviglia che Ella sia giunto a sostenere una tesi che non può essere accettata.

Naturalmente io nulla dico delle "visioni" e io non mi pronuncio; non ardisco nemmeno cercare una "spiegazione"; ritengo, se mai, che una spiegazione non si può trovare per la via battuta da Lei, ossia attraverso l'esame psichico dell'Adelaide Roncalli, proprio perché questo è un soggetto normale. Dalla lettura del di Lei volume mi sorge il sospetto (ma è solo un sospetto; occorre infatti un esame approfondito dei fatti per arrivare a certezza) che la spiegazione deve essere cercata nell'ambiente; non nel senso che l'ambiente abbia volontariamente, o no, create le "visioni"; ma nel senso che l'ambiente, anche all'infuori della volontà dei singoli, abbia esercitata tale influenza sulla Adelaide Roncalli che, grado a grado, si è determinata l'atmosfera favorevole all'insorgere delle "visioni".

Mi rinvigorisce in questo sospetto sia il ricordo di ciò che io ho costatato in tre bambini del Belgio, sia ciò che è stato osservato per altre "visioni". Nel caso da me osservato in Belgio si trattava di apparizione della Madonna delle più clamorose.

Incaricato dalla Superiore Autorità di esaminare i fatti sono giunto alla dimostrazione che tutto trovava spiegazione nell'ambiente. Forse è altrettanto per le apparizioni delle Ghiaie? Non mi pronuncio. Comunque sia, è certo che l'Adelaide Roncalli è un soggetto normale e chi vuole cercare la spiegazione dei fatti mediante l'esame di essa, costruisce sulla sabbia.

Ella mi scuserà la franchezza con la quale Le ho scritto; ma la verità deve essere cercata sempre con carità ma con fedeltà. E perciò Ella non mi vorrà male di quanto Le ho scritto. Cordiali saluti".

Aggiungo che sarebbe stato meglio se padre Gemelli si fosse attenuto alla regola di non entrare in un campo non suo, e quindi non avesse nemmeno avanzato il sospetto che le visioni di Adelaide Roncalli possano trovare una spiegazione nell'ambiente. Fu un errore anche il suo giudizio dato sulle apparizioni di Banneux (Belgio), da lui ritenute un fatto non soprannaturale, perché causato dall'ambiente. Infatti, non molto tempo dopo, l'autorità ecclesiastica riconobbe, nonostante il suo giudizio scientifico, la soprannaturalità delle medesime.

Padre Gemelli, psicologo e psichiatra insigne, non era un teologo, né un esperto conoscitore di fenomeni mistici e l'infortunio occorso allo scienziato Gemelli, ci dice quanto sia difficile distinguere le vere dalle false apparizioni.

Tuttavia la smentita della spiegazione data dal Cortesi, sulle apparizioni di Ghiaie, viene ribadita affermando più volte padre Gemelli che Adelaide è una bambina normale e non è una bugiarda.

Il 28 novembre 1945, padre Gemelli inviò al vescovo di Bergamo una lettera che riporto:

"Eccellenza Reverendissima e carissima,

compiego copia di una lettera, che ho scritto a Don Cortesi in risposta all'omaggio che egli mi ha fatto di un volume sui fatti di Bonate. Desidero che tu, come Vescovo, abbia cono scenza di quello che gli scrivo. Non domando alcun giudizio. Alla mia lettera era allegata una della Signorina Sidlauskaité, la quale, sotto la mia direzione, ha eseguito gli esami all'Adelaide Roncalli; anche di questa mando copia. Benedicimi e gradisci i miei cordiali saluti".

Dopo la lettura di alcuni giudizi dati da persone autorevoli sull'opera del Cortesi, è giusto conoscere ciò che egli scrive sul ruolo da lui svolto nell'affare Ghiaie.

Sarà bene che ci facciamo prima un'idea su quello che egli pensa delle apparizioni in genere, e di quelle di Ghiaie in particolare.

Nel tentativo di demolire la relazione di padre Gemelli, che presenta la bambina Adelaide Roncalli non suggestionabile, non isterica, sincera, insomma un soggetto normale e quindi credibile, don Luigi Cortesi, scrive: "Sospesi il giudizio su di essa (normalità di Adelaide, n.d.r.) e la trascurai, come cosa oscura, sterile; dispostissimo a negarla, qualora non si potesse conciliare con una spiegazione naturale delle visioni" (v. L. Cortesi, Il problema delle apparizioni di Ghiaie, o.c. p. 114).

Domenico Argentieri commenta: "Dunque il Cortesi già prima di fare ogni indagine, era convinto che le visioni di Ghiaie dovevano avere un'origine puramente naturale... Poiché la spiegazione naturale è per lui premessa ad ogni e qualsiasi indagine, questa premessa assiomatica vale non solo per Bonate, ma per tutte le manifestazioni soprannaturali in ogni tempo e in ogni parte del mondo..." (v. o.c., p. 31).

Domenico Argentieri continua: "Dalle pagine 130 e 131 "in nota" del primo volume (Storia dei fatti di Ghiaie, n.d.r.), il Cortesi stesso afferma di avere partecipato intimamente ai fatti di Ghiaie "senza un incarico speciale" e confessa di violare perciò "un espresso divieto generale del vescovo", e afferma anche che "quei lunghi contatti con la bambina erano lunghi furti quotidiani".

Il Cortesi scrive anche, dopo un'udienza dal vescovo il giorno 27 maggio 1944: "Alla fine del rapido colloquio S. E. mi rimprovera di avere accostato la bambina in convento senza quel permesso che io esigevo dagli altri. Non c'è che dire: debbo incassare in silenzio. Per fortuna il vescovo non me ne vuol troppo male"...

Nel diario del vescovo affidato alla commissione d'inchiesta trovasi annotato in data 29 maggio 1944: "Dò istruzione a don Cortesi che non si faccia vedere come un direttore dei movimenti, per togliere pretesto all'osservazione fatta da qualche confratello che, ora che si è cercato di togliere la bambina alla suggestione dei familiari, sono i sacerdoti che sembrano suggestionarla".

Quelle istruzioni non furono ascoltate da don Cortesi che apparve invece come un vero "direttore dei movimenti"...

Ma la più grave "usurpazione" di don Cortesi fu proprio quella vietata a tutti nel n. 5 del decreto vescovile 14 giugno 1944:

"Nessun sacerdote o laico, qualunque sia l'autorità sua o l'incarico che dicesse avere, è autorizzato a fare inchieste o indagini se non con licenza scritta dell'ordinario di questa diocesi e in relazione con gli organi di inchiesta già debitamente costituiti"...

"Restava a fare — scrive il Cortesi — lo studio del contenuto e della storia delle visioni. Aspettai che alcuno fosse deputato a così fatto lavoro fondamentale, massacrante. Ma non si poteva aspettare a lungo, giacché, allontanandosi dai fatti, la memoria di Adelaide e dei testimoni si sarebbe irrimediabilmente oscurata. Allora, per la confidenza e la consuetudine che aveva con me la piccina, per le amicizie che avevo contratto alle Ghiaie, per l'ampia esperienza personale che avevo dei fatti, mi credetti in grado di assumermi quel lavoro".

Dunque il Cortesi ammette che si assunse arbitrariamente l'incarico delle indagini sulle apparizioni di Bonate senza averne prima ottenuto il necessario mandato dalla suprema autorità diocesana; anzi, aggiungiamo noi, contro l'espresso divieto del vescovo...

Il Cortesi voleva far presto, e voleva fare da solo, per evitare il pericolo che altri indagatori potessero riconoscere il carattere soprannaturale delle visioni, cui egli attribuiva una spiegazione naturale.

La testimonianza di un solo uomo non è mai accettabile e tutte le legislazioni richiedono almeno due testimoni...

Il Cortesi, volendo indagare da solo..., escludendo l'assistenza di testi qualificati... toglieva a quei suoi tre volumi ogni garanzia di veridicità". (v. o.c., p. 31-33).