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Regina della Famiglia

Storia delle apparizioni a Ghiaie sessant'anni dopo

 




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I FRUTTI


Risveglio di fede

 

Il rinnovamento spirituale partito da Ghiaie è una realtà storica da prendere in considerazione, se si vuole giudicare della autenticità delle apparizioni.

Lo stesso monsignor A. Bernareggi, vescovo di Bergamo, nella lettera inviata alla diocesi, il 6 luglio 1944, rilevava l'ampiezza e la profondità di questo rinnovamento. Le pagine tratte dal diario di don Felice Murachelli, ne sono una ulteriore conferma.

L'Eco di Bergamo, quotidiano cattolico, il 22 maggio 1944, dopo la cronaca dei fatti di Ghiaie, così commentava:

"In margine alla cronaca, ci preme tuttavia subito sottolineare, come questi fatti abbiano dimostrato in modo straordinariamente imponente e grandioso quale sete cocente di soprannaturale bruci in fondo all'anima di questa nostra generazione travagliata. È bastato che una speranza posasse per un attimo sul cuore, fra tanta amara depressione, per vedere un popolo sollevarsi, e schierarsi e incamminarsi spontaneamente, senza che nessuna campana suonasse, senza che un sacerdote si mettesse a capo, anzi tra diffidenze e scetticismo, verso il richiamo di una bambina.

Persuase o meno sulla portata delle cose registrate, quelle migliaia e migliaia di persone, nel tornare alle loro case, hanno sentito e dimostrato con il loro comportamento che è comunque sempre bello e confortevole mettersi in strada per andare verso la Madonna e che un'ora di speranza è sempre un buon dono materno. A prescindere per il momento da tutto, il gesto spontaneo di questa folla enorme è un dato di fatto di grande importanza che va sottolineato e, che è tale da indurre l'animo a profonde e confortevoli considerazioni".

Don Italo Duci, allora coadiutore nella parrocchia di Ghiaie, ci fa conoscere l'influsso spirituale fatto sentire dalle apparizioni, fin dai primi giorni.

Scrive nel suo diario:

"In questi giorni in paese si notò un risveglio spirituale. Uomini e giovani si accostano ai sacramenti in buon numero. Alcuni un po' restii alla Chiesa e ai sacramenti si sentirono scossi. Le messe, anche nei giorni feriali, contro il solito erano affollate. Alla gente sembrava che quello che avveniva non si potesse spiegare umanamente, e diceva: "La bambina è troppo piccola perché possa ingannare".

Dopo mezzogiorno (giovedì 18 maggio, n.d.r.) cominciò ad arrivare gente che andava ad ammassarsi sul luogo delle apparizioni: avrà raggiunto gli otto o dieci mila".

Il 21 maggio, alla nona apparizione, andarono a Ghiaie più di 200.000 persone.

Il giorno dopo don Duci si recò sul luogo delle apparizioni per la prima volta.

"Appena giunto — scrive — mi sentii preso da commozione. Sembrava passato un uragano, un'alluvione, un bombardamento. Il vivaio del sig. Ferrari per una parte era stato ridotto in uno stato pietoso. La maggioranza dei pellegrini per ricordo asportavano un ramoscello di quei pini o di quelle piante. Alcune piante furono letteralmente schiantate per l'enorme peso di grappoli umani. Il terreno di Colleoni Luigi era completamente calpestato e ridotto come una piazza. Distrutti i filari di vite, di granoturco, di frumento. Folla numerosa pregava commossa. Molti passano per il paese recitando il Rosario".

Il sabato 27 maggio molta folla affluì col proposito di pernottare all'aperto, pur di assistere alla prima comunione di Adelaide. Don Italo Duci annota:

"Questa sera sono uscito dal confessionale alle 22.30. Nell'uscire di chiesa trovai seduti sui gradini della porta principale pellegrini che alla mia meraviglia risposero: "Potremo essere i primi a prendere posto in chiesa domattina!". Sul luogo delle apparizioni già da parecchi giorni cominciano ad essere portati ammalati; ma oggi il loro numero è aumentato. Anche molti di loro hanno pernottato all'aperto. Tutta la notte sul luogo delle apparizioni fu un susseguirsi di preghiere".

Il 28 maggio, don Italo scrive: "Alle ore 5.30 la chiesa è letteralmente gremita di forestieri desiderosi di partecipare alla funzione della prima comunione della piccola Adelaide. Numero straordinario di confessioni e di comunioni. Anche la piazza era gremita di gente in attesa della bambina... La funzione si svolse con la semplicità solita degli altri anni. Di straordinario c'era la folla".

Nei giorni seguenti l'afflusso dei pellegrini si accentuò. Per alloggiare i malati si trasformarono in dormitorio, le aule, il salone e il palcoscenico del teatro della scuola materna. Furono mobilitati anche gruppi Unitalsi di Bergamo, Ponte S. Pietro, Seriate, ecc.

Il 31 maggio, ultimo giorno delle apparizioni, una folla immensa si riversò a Ghiaie.

Don Italo scrive:

"Per tutta la giornata un susseguirsi di confessioni e comunioni. Alcuni sacerdoti vi celebrano la S. Messa. Le ultime confessioni e comunioni furono alle 13.30. Gli ammalati raggiunsero quasi il migliaio. A detta di molti perfino sui treni e sui tram si pregava e si cantavano inni sacri in onore di Maria. Le vie che conducono a questa borgata da giorni non risuonano che di preghiere e di canti. La maggioranza, per non dire tutti, passano con il Rosario in mano. In questi giorni in paese non è dato sentire canti profani. Si è formata da sé come un'atmosfera di soprannaturale".

Il 13 giugno, a un mese dalla prima apparizione, giunsero a Ghiaie circa centomila pellegrini. La notte precedente la chiesa parrocchiale rimase aperta. La celebrazione delle sante Messe iniziò alle tre del mattino.

"Sembrava — dice don Duci — di vedere la folla del Vangelo che per tre giorni seguì Gesù dimentica degli stessi interessi materiali. Gli ammalati erano accomodati molti sui banchi, altri sul pavimento e su carrozzelle. Era un mormorio continuo di preghiere".

In quei giorni cominciarono ad arrivare in treno pellegrinaggi bene organizzati e diretti da sacerdoti. Non si possono citare tutti. A causa di un riferimento storico vengono ricordati quelli del 6 luglio.

"Già dalle quattro — annota don Duci nel suo diario — sono in chiesa e celebro per quelli di Mandello. Alle sette giungono pellegrinaggi dalla parrocchia di S. Lazzaro (Brescia), Cesano Maderno (Milano), Turate (Como). La chiesa per tutta la mattina è gremita. Proprio al momento del "Sanctus" della Messa che celebravano quelli di Saronno e di Turate, si sente passare una squadriglia di apparecchi, e subito un bombardamento assordante. La ferriera di Dalmine è stata colpita e molti operai vi sono periti. Dalmine è poco distante dal luogo delle apparizioni. In quel momento saranno state sul luogo delle apparizioni migliaia di persone..."

Il 12 e 13 luglio furono giorni di intenso lavoro per i mille sacerdoti presenti, che si prodigarono a soddisfare la pietà di trecentomila pellegrini, giunti a Ghiaie come a luogo sicuro, che la Madonna proteggeva dai bombardamenti e mitragliamenti.

Molti pellegrini giungevano a piedi da lontano e alcuni a piedi scalzi. Dopo la mezzanotte nei tre altari della chiesa parrocchiale, iniziò la celebrazione delle sante Messe, che si susseguirono fino alle ore 14 e molti sacerdoti furono costretti ad andare a celebrare nei paesi vicini e nella città di Bergamo (v. D. Argentieri, o.c., pp. 103-106).

Don Luigi Cortesi, nei suoi scritti ci dà notizie importanti su questo meraviglioso movimento spirituale. Egli afferma che il recinto costruito sul luogo delle apparizioni, per difendere la veggente e i malati dalla pressione della folla, era custodito giorno e notte, da un denso cerchio di anime in preghiera.

"Nella parrocchiale — egli scrive — le balaustre e i confessionali erano affollati, a tutte le ore...L'asilo e la canonica erano un ricovero, un albergo e un ospedale, sempre aperti.

Le strade, fino a Ponte S. Pietro, erano altrettante propaggini della chiesa: la volta era il cielo, l'incenso era l'odor dei fieni e delle siepi, che s'associava al coro ininterrotto di preghiere e di canti offerti a Dio e alla sua dolce Madre" (v. Storia dei fatti di Ghiaie, o.c. p. 108).

"Dal Maggio al luglio circa 3.000.000 di pellegrini accorsero spontaneamente alle Ghiaie, non curando gli inenarrabili disagi dei lunghi viaggi, soprattutto la fatica, la fame, la sete, il sonno, la pioggia e il sole canicolare. Più di 30.000 malati affluirono...Non si contano i pellegrinaggi collettivi provenienti da varie località della diocesi bergamasca...dell'Italia settentrionale...perfino dall'Austria e dalla Jugoslavia" (v. Il problema delle apparizioni di Ghiaie, o.c., p. 175).

"L'eco di Ghiaie — aggiunge don Luigi Cortesi — fu una travolgente ondata di fervore, la quale, ovunque pervenne, ridonò ai cuori provati dalla disperazione la nostalgia della virtù, la letizia del bene, le dolci speranze del cielo, strappò le anime perdute dai camminamenti paludosi e tenebrosi del vizio, risvegliò le energie sopite delle anime tiepide, incendiò le anime pie e le rapì con ideali di vita eroica, in tutte le anime fecondò e maturò una rigogliosa messe di preghiere e di penitenze" (v. Il problema delle apparizioni di Ghiaie, o.c., p. 188).

Nel promemoria del 1969, in parte già riportato, don Italo Duci scrive:

"I fatti avvenuti nel 1944...meritano rispetto ed hanno avuto degli aspetti spirituali positivi, di non poca importanza.

Lo si può attestare ancor oggi alla distanza di tanti anni. La maggioranza dei pellegrini arrivava recitando il Rosario o cantando inni alla Madonna...Era uno spettacolo commovente vedere questa fiumana di popolo d'ogni condizione, che aveva l'aspetto di una alluvione straripante...Sin dai primi giorni i pellegrini iniziarono a riversarsi in chiesa, per accostarsi ai sacramenti, sentendo il bisogno di purificarsi prima di andare sul luogo delle apparizioni. Molte anime tornarono alla Chiesa ed ai sacramenti dopo decine di anni di lontananza. Da molti sacerdoti, specialmente da quelli che aiutarono nelle confessioni, si sentirono narrare fatti meravigliosi operati dalla grazia...Al termine di certe giornate era tanta la folla, che la chiesa rimaneva aperta, e per tutta la notte si vegliava, si pregava, si confessava e dopo la mezzanotte le centinaia di sacerdoti iniziavano la celebrazione della santa Messa e la distribuzione dell'Eucaristia...".

Alle testimonianze citate, aggiungo quella di un vescovo.

Monsignor Giuseppe Maritano, del Pontificio Istituto Missioni Estere (P.I.M.E.) di Milano, vescovo emerito di Macapà (Brasile), cappellano di un lebbrosario nell'Amazzonia, nella lettera di ringraziamento inviata il 19 agosto 1988, a padre Mauro Mezzalonna che gli aveva mandato in omaggio il mio libro sulle apparizioni di Ghiaie, tra l'altro, scrive:

"In quei giorni era impressionante sentire le notti che pre gavano (!), cioè sentire echeggiare nella notte i canti alla Madonna, per le strade, nei dintorni di Ghiaie, senza la preoccu pazione dei bombardamenti e delle rappresaglie. Erano carri e barocci pieni di gente che ritornava felice dalle Ghiaie, perché aveva sentito vicina la presenza della Madonna. Una Madonna così semplice e buona che parlava il dialetto bergamasco. Rileg gendo adesso le parole che diceva alla sua piccola Adelaide, mi pare di sentirla rimproverare Gesù quando lo incontrò nel tempio. In quel tempo ero vicedirettore del seminario teologico del P.I.M.E. che era stato trasferito alla Grugana. Dopo pranzo, mentre gli alunni di teologia si riposavano, prendevo la bicicletta e la corona del Rosario e correvo alle Ghiaie e poi ritornavo in fretta.

Al sabato e alla domenica andavo a Bernareggio (Milano) ad aiutare in parrocchia e là non si parlava d'altro che della Madonna di Bonate. Tutti ci andavano e ritornavano felici. C'erano anche quelli che non ci credevano, ma quando ci andavano ne ritornavano profondamente impressionati. So che anch'io a volte rimanevo senza saper che cosa pensare, perché non sono molto a favore delle apparizioni, ma c'erano delle cose che non erano nella normalità e che sembravano proprio manifestazioni della presenza della santa Madonna. E alla Madonna io ho sempre voluto molto bene e gliene voglio assai, nonostante la mia miseria che Lei conosce molto bene e sopporta con tanto amore.

Varie volte andai alle Ghiaie ad aiutare per le confessioni. Una volta, non ricordo bene se era in occasione della prima comunione dell'Adelaide; mi pare di sì, perché c'era molta incertezza se la Madonna sarebbe venuta o no. Quel giorno era piovuto molto e il posto delle apparizioni era tutta una pozzanghera. Vi era preoccupazione quindi, per la folla enorme che il giorno dopo certamente sarebbe venuta.

In una pausa delle confessioni, durante la giornata, andai anch'io sul posto, in un'ora in cui non c'era nessuno, e poi rientrai nel confessionale, nella chiesa parrocchiale. Passai praticamente tutta la giornata confessando; uscii alle ore 23 per celebrare la liturgia delle ore, e poi rientrai nel confessionale. Era forse l'una dopo la mezzanotte, quando m'accorsi che stavo sonnecchiando, perché mi sorpresi a dire ad un penitente: "Per penitenza bisognerebbe incanalare l'acqua dentro un tubo..." (dato quello che aveva visto prima, non era poi fuori posto, n.d.r.). Per fortuna mi svegliai e corressi in fretta la penitenza e uscii, perché non ce la facevo più. E di gente da confessare ce n'era ancora una fila enorme. Ed erano confessioni, te lo dico io, che valeva la pena ascoltare. Qualcuno può dubitare che la Madonna sia venuta o no a farsi vedere; certamente si è fatta sentire, e ha dato un forte scossone non soltanto alla gente delle Ghiaie, ma più ancora, a molti che venivano da lontano".

Molti in Italia e all'estero, in quegli anni bui, guardavano alla luce che s'irradiava da Ghiaie, diventata oasi di pace e di grazia, motivo di speranza per tutti.

Chi andava a Ghiaie restava colpito dal numero enorme dei pellegrini, dal loro spirito di preghiera e di sacrificio, dalle testimonianze di conversioni, dalla fioritura delle opere di carità, a vantaggio soprattutto dei malati, che a migliaia vi affluivano.

Che valore ha tutto questo? È sufficiente a dimostrare l'autenticità delle apparizioni cui si ispira?

Domenico Argentieri (o.c., p. 107) scrive:

"Il vescovo di Tarbes, monsignor Laurence, nel suo famoso "Mandement" del 18 febbraio 1862 trovava appunto nel risveglio spirituale più ancora che nei miracoli, la prova della realtà delle apparizioni di Lourdes...Traduciamo alla lettera le parole di monsignor Laurence (e il lettore noti che ogni frase, ogni parola, si adatta perfettamente a Bonate):

"Se si deve giudicare l'albero dai frutti, noi possiamo dire che l'apparizione raccontata dalla fanciulla è soprannaturale e divina; giacché ha prodotto effetti soprannaturali e divini. Che cosa è successo, fratelli nostri carissimi? L'apparizione era appena conosciuta, che se ne sparse la notizia con la rapidità del lampo... Ecco che tutta la contrada si agita: ondate di popolo si precipitano verso il luogo della apparizione; si attende con una religiosa impazienza l'ora solenne; e mentre la fanciulla rapita in estasi, è assorbita dall'oggetto che contempla, i testimoni di questo prodigio, commossi, inteneriti, si confondono in uno stesso sentimento di ammirazione e di preghiera.

Le apparizioni sono cessate, ma il concorso continua; i pellegrini venuti da contrade lontane, come dai paesi vicini, accorrono. Si vedono affrettarsi tutte le età, tutti i ceti, tutte le condizioni. E quale è il sentimento che spinge tutti questi numerosi visitatori? Oh! Vengono per pregare e domandare alcuni favori all'Immacolata Maria. Provano, col loro atteggiamento raccolto, di sentire come un soffio divino Anime già cristiane si sono fortificate nella virtù; uomini agghiacciati dall'indifferenza sono stati ricondotti alle pratiche della religione; peccatori ostinati si sono riconciliati con Dio. Queste meraviglie della grazia, che portano un carattere d'universalità e di durata, non possono avere che Dio per autore; non vengono esse, per conseguenza, a confermare la verità dell'apparizione?".

Nel giudizio positivo dato da monsignor Laurence, sulle apparizioni di Lourdes, hanno avuto un peso determinante i frutti spirituali e la pronta e generosa risposta del popolo, che ha accolto il dono di Dio, attingendo alla nuova fonte di grazia.