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La Famiglia e la Vita umana nel messaggio di Ghiaie

 

 


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La legittima difesa


È uno di quei problemi, la legittima difesa, che lungo i secoli sono stati quasi costantemente al centro di discussioni, con tesi contrastanti tra gli studiosi di morale, anche all'interno della comunità cristiana.

Nel nostro tempo la discussione si è riaccesa vivacemente sotto la spinta del movimento della non violenza, che ha sollecitato una più attenta lettura degli insegnamenti evangelici circa il modo di reagire alla violenza.

Il Catechismo della Chiesa cattolica, fa sua la dottrina di San Tommaso d'Aquino, per cui non si deve uccidere l'innocente, ma è lecito e spesso doveroso sopprimere il colpevole, come è lecito togliere un membro malato per salvare tutto il corpo. Il colpevole, infatti, per la sua azione delittuosa in qualche modo decade dalla dignità umana.

Competente per dichiarare la guerra e la pena di morte sarà solo, anche per San Tommaso, l'autorità costituita.

L'autodifesa cruenta personale, invece, si giustifica in base al cosiddetto principio del duplice effetto così descritto dal grande dottore della Chiesa: «Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita, mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore... Il primo soltanto è intenzionale, l'altro è involontario... Se uno nel difendere la propria vita usa maggiore violenza del necessario il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita».

La posizione attuale della Chiesa ha trovato, dopo la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, un'ulteriore puntualizzazione nell'enciclica «Evangelium Vitae», quando osserva che nel caso della legittima difesa «il diritto a proteggere la propria vita e il dovere di non ledere quella dell'altro risultano in concreto difficilmente componibili». Quindi, ricorrendo al principio della priorità dell'amore verso se stessi, e non più a quello del duplice effetto, afferma il diritto all'autodifesa personale così: «Indubbiamente il valore intrinseco della vita e il dovere di portare amore a se stessi non meno che agli altri fondano un vero diritto alla propria difesa. Lo stesso esigente precetto dell'amore per gli altri, enunciato nell'Antico Testamento e confermato da Gesù, suppone l'amore per se stessi quale termine di confronto: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mc 12, 31)».

Quindi la rinuncia al diritto di difendersi non può giustificarsi in base ad uno scarso amore per la propria esistenza. Si potrebbe, invece, ammettere in forza di un amore eroico che rimanda allo spirito delle beatitudini evangeliche (cfr. Mt 5, 38-48) e alla radicalità dell’offerta della propria vita per gli altri, di cui Gesù è un esempio sublime.

Tuttavia, secondo l'insegnamento della Chiesa, «la legittima difesa può essere non soltanto un diritto, ma un dovere grave, per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunità civile (C.C.C., n. 2265).

«Accade purtroppo che la necessità di porre l'aggressore in condizione di non nuocere comporti talvolta la sua soppressione. In tale ipotesi, l'esito mortale va attribuito allo stesso aggressore che vi si è esposto con Lì sua azione, anche nel caso in cui egli non fosse moralmente responsabile per mancanza dell'uso della ragione» (Evangelium Vitae, n. 55).