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La Famiglia e la Vita umana nel messaggio di Ghiaie

 

 


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Il suicidio


È un fatto che è sempre esistito. Oggi, è nuova la sua espansione sociale, come pure sono nuove certe forme e i significati che assume.

Come valutazione, si va dalla condanna più severa alla sua esaltazione, sia nel passato che nel nostro tempo. Nel mondo antico fuori dal popolo ebreo, si trovano tutte e due le valutazioni. Tra i filosofi greci alcuni ne sostenevano la legittimità, mentre altri lo condannavano. Nella società greca la condanna del suicidio era logicamente coerente con la concezione dominante, che vedeva l'individuo come parte integrante della città e quindi, nel suicidio una fuga dai compiti verso di essa.

Nel mondo romano era prevalente un atteggiamento favorevole alla legittimità del suicidio. Un atteggiamento che trovò in Seneca la più elaborata giustificazione ed esaltazione.
Nel mondo cristiano occidentale, dopo una condanna unanime, ricompare una sua esaltazione a partire dal secolo XVIII, nel contesto dell'individualismo e soggettivismo illuministico, con la conseguente concezione della libertà come rifiuto di ogni dipendenza da qualunque autorità e da principi o riferimenti religiosi. Il suicidio viene esaltato come l'affermazione di questa libertà individuale. Nel nostro tempo si sono aggiunti i sostenitori del diritto a morire con dignità, cioè della liberalizzazione dell'eutanasia.

All'interno della Chiesa non ci sono mai state esitazioni sulla inammissibilità morale del suicidio. Le prime eccezioni sono costituite da qualche teologo che giunge a sostenere la liceità dell'eutanasia (v. H. Kiing - W. lens, «Della dignità del morire. Una difesa della libera scelta», Rizzoli, Milano 1996).

Nella Sacra Scrittura nulla è detto esplicitamente circa il suicidio. Ma già Sant'Agostino lo vedeva incluso nel quinto comandamento. Tuttavia è la concezione biblica dell'uomo e della vita umana che implica un rifiuto e una condanna netta del suicidio.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, detta Gaudium et Spes, pone il suicidio volontario «tra le cose vergognose che deturpano la civiltà umana e costituiscono i più gravi insulti allo stesso Creatore».

L'Enciclica «Evangelium Vitae» afferma: «Nel suo nucleo più profondo, esso costituisce un rifiuto della sovranità assoluta di Dio sulla vita e sulla morte, così proclamata nella preghiera dell'antico saggio d'Israele: "Tu hai potere sulla vita e sulla morte; conduci giù alle porte degli inferi e fai risalire" (Sap. 16,13)» (n.66).

Il suicidio è un gesto così negativo e contrario allo stesso istinto della conservazione della vita, presente anche negli esseri non ragionevoli, da ritenerlo conseguenza di squilibrio della persona stessa.

Senza negare a priori ogni responsabilità morale in chi lo compie, tuttavia si può accettare quanto il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: «Gravi disturbi psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida» (n. 2282).
Il nostro tempo è segnato dall'aumento dei suicidi tra i giovani e addirittura tra i bambini. Tra questi ultimi non di rado la ragione del suicidio sta nella separazione dei genitori.

Oggi ci sono tipi di suicidio come espressione di protesta politica o sociale: gli scioperi della fame, il bruciarsi vivi; il gettarsi nella morte quali Kamikaze, ecc. In questi casi, l'assolutizzazione di una determinata causa politica o sociale porta a trasformare programmi, strategie, ideologie in veri idoli, ai quali si deve sacrificare tutto, compresa la vita. Sicché la vita propria e altrui viene ridotta ad un semplice mezzo.

Per quanto riguarda l'aumento del suicidio tra i giovani si possono individuare varie cause: mancanza di prospettive valide per il futuro; condizione di grave solitudine individuale e collettiva; senso di noia esistenziale; il diffondersi della cultura della superficialità, che relativizza tutti i valori; mancanza del senso di Dio, di un rapporto esistenziale con il Creatore, che ha progettato con amore la vita di ciascuno. Per tutto questo vengono chiamate in causa la famiglia, la scuola, soprattutto la cultura dominante, sostenuta dai mezzi della comunicazione sociale, che pone ai giovani obiettivi alienanti: individualismo esasperato, carrierismo, successo, ricchezza a tutti i costi (cfr. Lino Ciccone, «La vita umana», Edizioni Ares, Milano 2000, pp. 85-92).